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Il Datore di Lavoro è obbligato a fornire gli occhiali ai videoterminalisti? Risponde una sentenza UE

Una recente sentenza UE chiarisce l’obbligo di fornitura di dispositivi speciali di correzione visiva ai dipendenti addetti ai videoterminali

Nasce in Romania la controversia oggetto di questo articolo: un lavoratore addetto al videoterminale dipendente dell’Ispettorato generale per l’immigrazione contro il Datore di Lavoro, quest’ultimo che rifiuta il rimborso delle spese sostenute per l’acquisto di occhiali.

Il giudice a cui è stato affidato il caso, decide di interpellare la Corte di Giustizia UE che è stata così chiamata a pronunciarsi sulla corretta interpretazione della quinta Direttiva particolare ai sensi della Direttiva c.d. Quadro 89/391/CEE (Direttiva 90/270/CEE, relativa alle prescrizioni minime in materia di sicurezza e di salute per le attività lavorative svolte su attrezzature munite di videoterminali) con specifico riferimento alla nozione di dispositivi speciali di correzione che, anche ai sensi della normativa italiana, devono essere forniti a spese del datore di lavoro (Corte di Giustizia UE 22 dicembre 2022 n° 392).

La risposta UE sulla fornitura di dispositivi speciali per i videoterminalisti

La risposta della Commissione Ue non tarda ad arrivare: secondo l’art. 176 comma 6 D. Lgs. 81/2008 “il datore di lavoro fornisce a sue spese ai lavoratori i dispositivi speciali di correzione visiva, in funzione dell’attività svolta, quando l’esito delle visite di cui ai commi 1, 3 e 4 ne evidenzi la necessità e non sia possibile utilizzare i dispositivi normali di correzione”.

Inail e Confindustria Bergamo forniscono un interpretazione del caso

Successivamente alla sentenza UE, l’INAIL pubblica la circolare, ad uso interno per chiarire il caso. Così come Confindustria Bergamo:

  • La nozione di dispositivo deve essere intesa anche per altri dispositivi idonei a correggere o a prevenire i disturbi visivi, non solo gli occhiali;
  • con la nozione di dispositivo normale di correzione si vuole considerare i “dispositivi che sono portati al di fuori del luogo di lavoro e che non sono quindi necessariamente connessi alle condizioni di lavoro. Così, dispositivi del genere non servono a correggere disturbi visivi connessi con l’attività lavorativa e possono non avere alcun rapporto specifico con l’attività svolta su attrezzature munite di
    videoterminali”;
  • per quanto riguarda la nozione di “dispositivi speciali di correzione in funzione dell’attività svolta”,
    la medesima “deve necessariamente riguardare la correzione o la prevenzione di disturbi visivi che un dispositivo di correzione normale non sia in grado di correggere o prevenire”, tant’è che i lavoratori devono ricevere tali dispositivi se per correggere i disturbi visivi constatati in seguito agli esami di cui ai paragrafi 1 e 2 dell’art. 9 non possono essere utilizzati dispositivi normali di correzione. Infatti, aggiunge, la Corte, “il carattere speciale del dispositivo di correzione presuppone che quest’ultimo abbia un rapporto con il lavoro su attrezzature munite di videoterminali, in quanto serve a correggere o a prevenire disturbi visivi specificamente connessi a tale lavoro e accertati in seguito agli esami previsti all’articolo 9, paragrafi 1 e 2, di tale direttiva”. Inoltre, sebbene affinché sorga un diritto a ricevere tale dispositivo speciale sia necessario constatare disturbi visivi a seguito degli esami previsti ai paragrafi 1 e 2 dell’art. 9, tuttavia il lavoro al videoterminale non deve necessariamente esserne la causa;
  • l’espressione “in funzione dell’attività svolta” di cui al paragrafo 3 del richiamato articolo non può
    significare che il dispositivo speciale di cui si tratta debba essere utilizzato esclusivamente sul posto
    di lavoro o nell’esercizio di mansioni professionali, dato che detta disposizione non prevede alcuna
    restrizione quanto all’utilizzazione di detti dispositivi.

Fonte Confindustria Bergamo

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